Qualche giorno fa, ho scritto un tema per la scuola, una sorta di saggio breve, che mi ha fatto riflettere molto durante la sua stesura. La tematica é vicina a ciascuno di noi in maniera eguale, così come è stata vicina agli uomini di tutti i tempi.
Condivido con voi la mia riflessione, nella speranza che possa aiutare qualcuno a capire quanto possano essere forti gli esseri fragili.
consapevolezza della propria fragilità
Dalla sua comparsa sulla Terra, l’uomo si è sempre, inevitabilmente, sentito fragile. Non si può evitare di chiedersi se sia a causa del suo sentimento di impotenza nei confronti di un universo infinito di cui non sa nulla, oppure perché non riesca a comprendere il senso stesso della sua esistenza.
Lo psichiatra Vittorino Andreoli propone una riflessione sulla consapevolezza della propria fragilità e su quanto essa stessa possa diventare un punto di forza.
Nel corso del tempo, gli uomini si sono approcciati in maniera diversa alla loro precarietà esistenziale, cercando di analizzarla, talvolta addirittura esaltandola, o al contrario, provando a nasconderla.
La grandezza degli uomini piccoli
Possiamo, innanzitutto, citare Pirandello che nei suoi romanzi si è costantemente dedicato all’analisi della condizione umana, ponendo l’accento su quanto essa sia volubile, debole, fragile.
La vita di Vitangelo Moscarda (il protagonista di “Uno, nessuno, centomila”) cambia completamente nel momento in cui si accorge di avere il naso storto, un avvenimento all’apparenza banale, ma che gli causa una vera e propria crisi esistenziale. Questo ci fa pensare a quanto un singolo accadimento, dall’aspetto insignificante, possa far crollare repentinamente tutte le nostre “maschere”, come le chiama l’autore, che utilizziamo come scudo, per non interrogarci sull’essenza della nostra esistenza.
Ma Pirandello non è l’unico che tiene a cuore questo tema, anzi, si tratta quasi di un topos letterario dal quale è impossibile scappare.
Un altro esempio è Leopardi, il quale, come Andreoli, pone l’accento sull’importanza della consapevolezza della fragilità umana. Egli si sofferma sull’impotenza dell’uomo rapportato alla natura, vista come indifferente nei riguardi delle sorti di quest’ultimo. Come scrive l’autore stesso nella lirica “La ginestra”, la presa di consapevolezza della propria condizione di precarietà perenne, può; diventare spunto di solidarietà fra gli uomini stessi che dovrebbero, dunque, riconoscere di essere tutti figli di una stessa Terra, allo stesso stesso modo, tutti in balia di una costante instabilità.
Una considerazione simile, per alcuni aspetti, si può ritrovare nelle poesie di Ungaretti. In particolare, in “Veglia”, l’autore afferma “non sono mai stato tanto attaccato alla vita”. È da ricordare che il poeta scrive queste parole la vigilia di Natale del 1916, in trincea, accanto al corpo di un compagno morto. Nessuno meglio di lui ha conosciuto la fragilità dell’uomo, spazzato via, come se non fosse nulla, da quella che Leopardi chiamava “natura”, ma che rapportata ad un contesto più contemporaneo, può benissimo essere intesa come “guerra”.
la fragilità degli uomini forti
D’altro canto, l’approccio alla consapevolezza della propria fragilità non è stato prediletto da tutti. Altre volte, si è tentato di nasconderla, come se fosse una vergognosa macchia sulla propria coscienza.
Possiamo fare riferimento a D’Annunzio, il quale esalta la volontà di potenza dei cosiddetti “superuomini” , che non sono altro che uomini mangiati dall’insicurezza esistenziale, che tentano in ogni modo di ritagliarsi un qualche tipo di rilevanza sociale e personale. Non è un caso, infatti, che come l’autore stesso ci fa comprendere nelle sue opere, il superuomo è destinato al fallimento, alla solitudine e all’emarginazione sociale, dovuta proprio alla presunzione di poter scappare dalla fragilità che da sempre perseguita l’uomo.
Atteggiamenti simili possono essere ritrovati anche in movimenti quali il Dadaismo o il Futurismo, che esaltano anch’essi la volontà di potenza dell’uomo, esercitabile attraverso la lotta e la violenza e che, alle volte, sfocia in una vera e propria anarchia.
Anche questo sentimento rabbioso di rivolta non fa altro che mettere in evidenza la condizione instabile del genere umano che vive in un mondo che non comprende appieno, regolato da convenzioni sociali che comprende ancor meno. Questa reazione drastica, però, non fa altro che aumentare la fragilità stessa dell’uomo, che sfocia in una vera e propria autodistruzione.
siamo come farfalle
Per concludere, alla luce degli esempi analizzati, possiamo dedurre come un approccio consapevole alla fragilità umana, di stampo simile a quello proposto da Andreoli, sia di gran lunga il migliore. La storia ci insegna che un qualunque atteggiamento di violenza è insieme distruttivo e autodistruttivo, non solo per l’uomo come singolo, ma come genere umano intero.
La mascherata superiorità di uomini che si impongono su altri è esattamente il riflesso delle loro più grandi paure: la principale, sicuramente, quella di non essere nessuno.
Personalmente, credo che dovremmo riconoscere l’irrilevanza umana in confronto ad un intero universo in continua espansione, e credo che dovremmo renderci conto di quanto , a volte, noi esseri umani sappiamo essere davvero presuntuosi, quando in realtà non siamo altro che punti invisibili in un quadro infinitamente più grande. Al tempo stesso, però, dobbiamo ricordare che così come una farfalla può creare un uragano dall’altra parte del mondo con un semplice battito d’ali, allo stesso modo, la nostra esistenza modifica inevitabilmente l’ambiente e l’universo in cui viviamo, così come le nostre azioni.
È un paradosso esistenziale, quello di non essere nessuno e, al contempo, essere l’artefice di modifiche a catena su così larga scala; ma in fin dei conti, la condizione umana è sempre stata un paradosso vivente, una continua ambivalenza inesplicabile, un ripetuto alternarsi di bene e male, che non fa altro che sottolineare l’inevitabile, irrimediabile e incondizionata fragilità umana.
Il segreto sta proprio nel rendersi conto di non essere nessuno per poter essere qualcuno. Il segreto sta proprio nella consapevolezza di essere fragili.
Tiki
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2 risposte
Bellissima riflessione! Nella consapevolezza della nostra fragilità risiede la nostra più grande forza. E chi si atteggia a superuomo, come tanti potenti nel mondo, farebbe bene a ricordare che una cosa ci accomuna tutti: l’inevitabilità della morte.
Grazie! Sono contenta che ti sia piaciuta la mia riflessione! Credo che troppo spesso ci soffermiamo a pensare alle cose che ci differenziano dagli altri piuttosto che a quelle che ci accomunano, come la fragilità o, come hai detto anche tu, l’inevitabilità della morte
-Tiki